Tante volte mi è capitato, nella mia esperienza di psicoterapeuta, di sentirmi dire da un paziente alla prima seduta: “Sulla mia vita si potrebbe scrivere un libro”. E tante volte, alla fine di una giornata di lavoro, lasciando lo studio la sera, ho pensato di essere stata messa a parte di vicende così significative, commoventi, originali, da meritare di essere raccontate.
Deve averlo pensato anche Alberto Vito, psicoterapeuta di Napoli, quando ha deciso di scrivere Affetti Speciali. Uno psicologo (si) racconta.
Leggere il libro è come entrare nello studio del dottor Vito, magicamente invisibili ai suoi pazienti, e assistere in silenzio al suo lavoro. Giorno dopo giorno, dal lunedì al venerdì, conosciamo le persone che si affidano a lui, donne e uomini con il loro carico di dolore, di speranze, di paure. E lo psicoterapeuta parla con loro, ma ogni tanto si volta verso di noi e – come in un film di Woody Allen – commenta, spiega, qualche volta ci strizza anche l’occhio.
Sicché, mentre parla con Paola, cercando una spiegazione alla sua singolare fobia – firmare in pubblico – esplora la sua vita familiare e, per un momento, lascia Paola nella sua poltrona e si volta a spiegarci che peso può avere, nello sviluppo dei figli, la relazione conflittuale dei genitori.
Ogni paziente è una nuova sfida, un impegno, ma soprattutto una persona, che porta in studio il suo disagio, magari mascherato da comportamenti singolari, come il bisogno non controllabile di contare tutto – dalle matite sul tavolo del dottore, alle ore e i minuti che mancano alla prossima seduta.
Bella la metafora che Vito utilizza quando accoglie il paziente per la prima volta: “Le è stato facile arrivare sin qui?”. E non si tratta solo di traffico e di distanze, ma del travaglio interiore, spesso lungo anni, che porta la persona alla decisione di lasciarsi aiutare. Già in queste prime battute si delinea il progetto terapeutico, fatto di metodo, di sapere, ma soprattutto di umanità.
Poi il paziente esce, ma noi rimaniamo ancora un po’ in compagnia del dottore: ci lascia partecipare ai suoi sentimenti del dopo seduta, alle sue riflessioni e anche a quel momento speciale, quando il terapeuta esce dalla relazione e torna a riappropriarsi di sé, magari per gratificarsi per aver lavorato proprio bene, in quell’ultima seduta così difficile, e il premio è ordinare una bella pizza… anzi due! Magari lasciando intendere al telefono che si tratta di un incontro galante, per non far pensare che il dottore indulga ai peccati di gola.
Infine, dopo averci lasciato entrare nel suo studio per due settimane e presentato i suoi pazienti, il dottor Vito presenta se stesso, e ci ricorda che lo psicoterapeuta è una persona come tante, con le sue passioni, le sue fragilità, e accompagna il paziente per un tratto di strada, senza la pretesa di insegnargli nulla, ma solo per aiutarlo a vedere ciò che da solo non riesce a vedere.
Il terapeuta non è perfetto, ma dovrebbe almeno tendere alla perfezione. Ecco allora il “ricettario” con cui si chiude il libro: dieci ingredienti che dovrebbero fare il buon terapeuta: quella persona tanto eccezionale da essere ideale, un ideale cui ciascuno psicologo dovrebbe almeno tendere.
Gli psicologi farebbero bene a confrontarsi con i dieci ingredienti e dovrebbero tenerne conto anche coloro che si accingono a scegliere il terapeuta.
La lezione da imparare è che non esiste uno psicologo ideale: “Nessuno psicologo può andar bene per tutti. Solo chi fosse totalmente privo di personalità potrebbe funzionare con chiunque. Ma, in realtà, non potrebbe lavorare con nessuno”, ci ricorda Vito, e, attraverso i racconti delle sue relazioni con le persone, ci fa comprendere quanto ciascun incontro sia unico e non riproducibile.
Quando si crea l’alchimia, è la relazione stessa che cura, ovviamente supportata da un valido metodo terapeutico.
Affetti speciali non è un manuale di psicoterapia per addetti ai lavori, né un manuale di auto-aiuto per persone in difficoltà.
Non è un manuale di psicoterapia, ma è utile allo psicologo che vi riconoscerà le tecniche della psicoterapia relazionale.
Emerge anche lo stile personale di Vito, che reinterpreta e personalizza le tecniche per adattarle al suo modo di essere e, di volta in volta, alla personalità di chi ha di fronte.
Non è un manuale di auto-aiuto, ma la persona sofferente potrà sfatare timori e pregiudizi sulla figura dello psicologo, scoprendo che si tratta di una persona che porta nella relazione il suo sapere, le sue tecniche, ma, soprattutto, la sua umanità.
Affetti speciali è una lettura che arricchisce e fa riflettere e, giunti alla fine del libro, magari, chissà, si può anche accogliere l’invito di Alberto Vito:
“Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico”. E’ di Ermanno Olmi, il regista. Allora sono lieto di offrire un caffè, a chiunque lo desideri”.
Perché no? Di sicuro è una persona simpatica e poi… gli piace Gaber!