Chi ha amato Gaber non può non commuoversi leggendo questa bella testimonianza di Sandro Luporini, che con Gaber ha condiviso più di trent’anni di sodalizio artistico e personale.
E’ schivo Luporini, e il suo nome lo leggevamo solo nelle locandine degli spettacoli. Oppure lo scandiva Gaber, alla fine dei concerti, prima degli storici bis: “SANDRO LUPORINI!”
Oggi l’amico esce dal suo silenzio e parla, finalmente, non solo regalandoci quel Gaber che solo lui avrebbe potuto raccontare, ma soprattutto facendoci capire quanto profondo e intenso sia stato il loro legame. Senza Luporini non ci sarebbero stati il signor G. e tutte le esperienze musicali e teatrali, fino a “Non insegnate ai bambini”, ultimo struggente atto del percorso artistico di Gaber, ma anche del sodalizio Gaber Luporini.
Per tutto il libro ho avuto la sensazione di sentir parlare Gaber: ogni frase sembra scritta per essere letta da lui. Leggendo il libro si capisce bene perché. Gaber e Luporini non sono stati rispettivamente il musicista e il paroliere dei loro lavori, ma ciascun lavoro è nato da un dialogo intenso tra i due, fino a diventare il frutto di una voce sola.
Una voce sempre presente a commentare gli anni difficili della nostra storia, una voce libera dai condizionamenti e dalle appartenenze, anche a costo di pesanti critiche.
Così, noi che siamo cresciuti assieme al signor G., mentre ripercorriamo la storia del Teatro Canzone, riviviamo anche la storia della nostra vita, e il malessere esistenziale di fronte a un mondo che ci piace sempre meno è stato anche il nostro malessere.
Chi cerca in questo libro il Gaber privato, rimarrà deluso. La riservatezza che ha caratterizzato la vita di Gaber è la stessa del suo amico Luporini. Ci concede solo qualche tenera incursione: Gaber con le Clark in spiaggia, e con il cappotto al ristorante in riva al mare in giugno, “per via degli spifferi”. E poi si ferma, con delicato pudore, di fronte alla malattia.
A me, e a tanti come me che c’eravamo, rimane un rimpianto: non aver fatto in tempo a condividere con i nostri figli gli spettacoli di Gaber, e sono tanti i ragazzi che avrebbero voluto esserci. Forse è anche per questo che nel libro Luporini immagina di raccontare il suo Gaber a un giovane, Lorenzo.
Degli spettacoli sono rimaste pochissime tracce, come lo stesso Luporini lamenta, chiedendosi lui per primo come mai non abbiano mai pensato di filmarli. Ma forse è meglio così. La magia rimane nei nostri ricordi e in parte la ritroviamo leggendo questo libro.
Io ricorderò i bis. Era un momento speciale: terminato lo spettacolo, Gaber tornava sul palcoscenico, le luci rimanevano accese, lui prendeva la chitarra e, stanco e sudato, cantava le canzoni più amate, trasformando il teatro nel luogo di una festa tra amici. Ogni volta ci faceva credere che era lì solo per quella sera, solo per noi. Grazie Gaber. Grazie Luporini.
Sandro Luporini, G. Vi racconto Gaber, Mondadori, 2013